martedì, agosto 13, 2013





Il superteste che scagiona Olindo Romano e Rosa Bazzi è tornato a farsi sentire. E adesso l'intero impianto accusatorio nei confronti della coppia accusata di aver ucciso Raffaella Castagna, il figlio Youssef e la suocera Paola Galli (l'altra vittima fu Valeria Cherubini) e di aver ferito quasi mortalmente un altro vicino di casa (Mario Frigerio, marito della Cherubini, salvo per una malformazione congenita alla carotide e superteste dell'accusa) torna di nuovo a vacillare.
La memoria torna alle ultime udienze in primo grado nell'aprile 2008, quando si seppe che Azouz Marzouk, padre e marito di due delle vittime, davanti alla corte d'Assise di Como, aveva dei dubbi sulla reale colpevolezza dei coniugi condannati all'ergastolo in Cassazione. O meglio, aveva espresso dei dubbi davanti a due guardie carcerarie durante un trasferimento dal tribunale comasco al carcere. Dubbi che le due guardie riportarono alla Corte. Allora Azouz, oggi pienamente convinto della loro innocenza - tanto da aver rifiutato il risarcimento come parte civile - alla vigilia della sentenza di primo grado fu interrogato su quel rapporto della polizia penitenziaria al tribunale di Como. Ma chiamato sul banco dei testimoni tentennò. Negò di credere all'innocenza dei Romano ma si limitò a dire che un uomo si era recato da sua madre in Tunisia sostenendo che gli assassini fossero altri. Come dimostra la sua decisione di contestare la sentenza di condanna, probabilmente Azouz era già convinto della loro innocenza ma forse non aveva il coraggio di ammetterlo.
Oggi l'identità di quell'uomo, che la corte d'Assise avrebbe potuto (o forse dovuto) interrogare prima di emettere la sentenza, è tornato. O meglio, è il nuovo legale di Azouz Luca D'Auria ad averlo trovato: «Sono stato di recente a Tunisi e ho incontrato in un bar l'uomo che andò dalla madre di Azouz nel 2008 - rivela l'avvocato a «Cronaca Vera» oggi in edicola - mi ha ribadito ciò che narrò allora alla donna e cioè che all'epoca in Brianza c'erano precise voci che ritenevano colpevoli un gruppo di professionisti, non di origine araba, in quanto, mi ha spiegato, "gli arabi non uccidono i bambini"».
In quel processo, più che le prove scientifiche, furono decisive le confessioni (poi ritrattate) dei coniugi, anche se zeppe di «non so, non ricordo» e in moltissimi punti in contraddizione con i rilievi dei Ris (non a caso chiamati a testimoniare dalla difesa), una strana e minuscola macchia di sangue ritrovata due settimane dopo la mattanza sull'auto di Olindo Romano e la deposizione del superteste, che prima identificò davanti ai pm in una persona sconosciuta di carnagione olivastra il killer della moglie salvo poi cambiare idea e puntare sul noto (e di carnagione bianca) vicino di casa Olindo. E sono molti i buchi neri nella ricostruzione della mattanza, visto che ad esempio l'ultima vittima della strage Valeria Cherubini venne trovata con la gola squarciata nel suo appartamento (nel quale i due coniugi non ammisero mai di essere saliti) sebbene tutti i soccorritori concordino nel fatto che la donna era ancora viva al momento del loro arrivo visto che gridava «aiuto, aiuto». Cosa impossibile da fare con la gola squarciata e la lingua tagliata. Ma se la donna era ancora viva, da dove sono usciti gli assassini senza essere visti?
Anche il legale di Azouz Marzouk è convinto dell'innocenza dei coniugi Romano e ha intenzione di andare avanti nel chiedere la revisione del processo (è già depositato il ricorso alla Corte di giustizia europea di Strasburgo): «Presto tornerò per verbalizzare le sue dichiarazioni nell'ottica di una richiesta di revisione del processo. Azouz è convinto di due cose - dice D'Auria al settimanale - che gli assassini non siano i Romano e che non si tratti di una vendetta trasversale nei suoi riguardi per vicende inerenti lo spaccio. Io ritengo, invece, che nessuna pista sia preclusa». Ma se non sono stati Olindo Romano e Rosa Bazzi, chi è stato? E quale sarebbe il movente? La verità, ancora una volta, viaggia tra Erba e la Tunisia.

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