sabato, febbraio 23, 2013

Ci sono le elezioni, ma noi pensiamo già al dopo, è indifferente chi le vince. Ecco il quadro della situazione che aspetta il nuovo governo.
Il 2013 è dichiarato anno orribile al pari di quello precedente con speranza di leggero miglioramento in quello successivo.
La panoramica della situazione Europea non pare lasciare spiragli a sorrisi e brindisi ben auguranti.
A livello di singoli paesi, merita segnalare la performance spagnola (il paese che era messo meglio di noi italiani), che ha chiuso il 2012 con un bel rapporto deficit-Pil del 10,2 per cento, malgrado svariate decine di miliardi di euro di “manovre”, in aggiunta a riforme supply side molto potenti, come quella del mercato del lavoro. Di questo deficit, il 3,2 per cento deriva dai salvataggi bancari. Pesante, non c’è dubbio, ma provate a considerare che sarebbe accaduto se Bankia & co. fossero state fatte fallire.
Riflettano, gli italici parolai: le banche in dissesto vanno nazionalizzate? Diremmo di sì, visto che l’alternativa (il fallimento) semplicemente non esiste. Ma le nazionalizzazioni bancarie non sono un pranzo di gala, in termini di impatto sui conti pubblici. Tenetelo a mente, se vi riesce. La Spagna, si diceva: il tasso di disoccupazione ufficiale resta inchiodato al 27 per cento anche nel 2014, che poi sarebbe l’anno della “ripresa”, dopo un lustro passato attendendo l’alba. E’ poi inquietante che il modello econometrico della Commissione indichi per Madrid una risalita del rapporto deficit-Pil proprio nell’anno della fantomatica ripresa. Troppe misure una tantum adottate sinora?
Quanto alla Francia, da oggi parte il negoziato tra la Commissione Ue (e Berlino) e l’Eliseo, visto che il paese ha sforato gli obiettivi ma ha anche sinora realizzato una correzione strutturale dell’ordine dell’1,5 per cento di Pil, andando oltre le richieste di Bruxelles. Riuscirà Parigi ad ottenere un anno di bonus senza condizioni aggiuntive? Lo scopriremo tra qualche settimana, ma se corrisponde al vero l’indiscrezione che vorrebbe Hollande prossimo ad agire dal lato della spesa attraverso deindicizzazione parziale delle pensioni e congelamento della spesa nominale per istruzione superiore e ricerca, la sinistra italiana si troverebbe per l’ennesima volta alle prese con una enorme dissonanza cognitiva.
Ma c’è soprattutto un numero, ad imperitura memoria di un disastro autoinflitto: il rapporto debito-Pil dell’Eurozona quest’anno toccherà il 95,1 per cento, massimo storico dall’introduzione della moneta unica. Un capolavoro, dopo anni di manovre. Che diranno i tedeschi, di fronte a questa realtà? Forse che i deficit sono troppo alti perché i governi non sono sufficientemente austeri? Diranno che serve moltiplicare gli sforzi, perché la prosperità è proprio dietro l’angolo? Oppure riusciranno a realizzare di non aver capito nulla di quello che sarebbe accaduto in conseguenza della loro furia cieca di pareggiare i bilanci pubblici?
Tutto ciò è davvero deprimente, anche se mai quanto i “contenuti” della disgraziata campagna elettorale italiana.

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