Quadro dipinto da Adolf Hitler.
È significativo che istituzioni culturali tedesche di grande prestigio come il Goethe-Institut e la Bundeszentrale für Politische Bildung (un centro federale per la promozione della cultura civica in senso lato) abbiano organizzato, nei giorni scorsi a Berlino, un convegno di due sessioni sulle relazioni italo-tedesche con il titolo double face di "Va bene?!".
Benché sia la Francia la nazione che ha rapito i tedeschi in un rapporto di "amore non ricambiato" che spiega molto delle vicende del ventesimo secolo, l'Italia occupa un posto particolare nel cuore dei tedeschi. La storia, l'arte e il paesaggio del paese dove crescono i limoni sono stati, da Goethe in poi, oggetto di ammirazione profonda. Tuttavia il legame tra Italia e Germania si è progressivamente allentato negli anni.
Il convegno di Berlino è giunto in momento topico a fare il punto sullo stato del rapporto tra i due paesi, e più precisamente sulla percezione che si ha di noi in terra tedesca. Il dibattito si è incentrato soprattutto su due temi, peraltro connessi: l'eccentricità italiana rispetto al mainstream europeo e l'immagine di un sistema bloccato, preda di riti e fobie, di veti incrociati e di interessi corporativi.
Perché manteniamo ancora in vita un bicameralismo perfetto e simmetrico con conseguente, enorme, perdita di efficienza legislativa? E ancora: perché il circuito cittadini-movimenti-partiti si è inceppato al punto da creare una opinione pubblica insoddisfatta delle istituzioni rappresentative, dei partiti e della classe politica, e quindi disponibili alla protesta o al rifiuto della politica? Perché l'informazione è così faziosa, gridata ed esasperata? (Molto interessanti, su questo punto, sono state le opinioni dei dieci giornalisti italiani e tedeschi che hanno partecipato ad uno stage nelle redazioni partner dello scambio dalle quali sono emerse quanto siano diversi gli approcci alla professione). Pur con tutto il garbo dovuto ai doveri di ospitalità, gli interventi di politici, intellettuali, economisti invitati a parlare sono stati pungenti. La lista di domande-riflessioni è stata lunga. Perché in Italia le riforme vanno così a rilento? Perché il federalismo rimane un'incompiuta, e non ha scelto nessuna delle strade praticate in altri paesi, scartando sostanzialmente anche l'impostazione tedesca? Perché non abbiamo nessun programma d'integrazione degli immigrati, alimentando così un potenziale di protesta di proporzioni oggi non immaginabili?
Tutte queste domande rimandano ad un confronto con la situazione tedesca in cui non tutto è perfetto - e gli intellettuali tedeschi sono quasi autocritici quanto noi - ma in cui tutto è "normale"; mentre da parte nostra tutto o quasi è "eccentrico" in senso proprio, cioè lontano da una medietà non tanto tedesca quanto europea tout court. Molte volte nella conferenza sono risuonate - da parte tedesca e non solo - espressioni di sconcerto per le nostre vicende riconducibili al leit-motiv «in Germania sarebbe inconcepibile».
Anche il precipitare della crisi economica e politica e la nascita del governo tecnico di Mario Monti sono stati inquadrati nell'ottica dell'«eccezionale» e dell'«eccentrico». La resistenza del governo Berlusconi a riconoscere la gravità della crisi in atto e la soluzione extra-politica del governo Monti sono state interpretate come due aspetti tipici della peculiarità politica italiana: i due poli opposti - l'inerzia e l'emergenza - tra i quali il nostro sistema oscilla.
Per quanto credessimo di aver recuperato una certa normalità con il nuovo governo (almeno in termini di stile, efficienza e serietà), in realtà, agli occhi degli osservatori stranieri, e tedeschi in particolare, anche questa scelta fuoriesce dagli schemi consolidati. Con ciò confermando, ancora una volta, quell'immagine di paese speciale che speravamo di aver lasciato alle spalle.
Articolo de "Ilsole24ore"
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